La Malvasia che viene dall’est

malvasia_istriana

Avete presente la Malvasia, aromatica, magari in un passito o in uno spumante? Ecco, dimenticatela per un attimo. C’è un’altra Malvasia meno nota, forse meno intensa, ma certamente molto interessante, che si può trovare in Friuli o, passato il confine, in quella che ora è la Croazia: è la Malvasia istriana.

“Un vitigno rosso vestito di bianco”. Così è chiamata tra gli addetti ai lavori la Malvasia istriana, per le sue caratteristiche uniche così come il terreno su cui è impiantata, che la portano ad essere uno tra i pochi vini bianchi coltivati in Italia a reggere bene un invecchiamento di 5 o 6 anni in positivo. Quello che si ottiene è un vino bianco meno aromatico, ma molto equilibrato, con sentori minerali, dal corpo importante per essere di bacca bianca e spesso di grande persistenza, oltre che dalla gradazione più da vino rosso che bianco (13,5°-14°).

In una degustazione, organizzata dall’ONAV di Pavia presso le cantine Montagna di Broni, il vostro inviato speciale ha avuto modo di assaggiare ben dieci (!) malvasie istriane, selezionate tra le piccole realtà tra il Carso e l’Isonzo, tra Cormons e Cividale, fino a superare il confine ed arrivare in Croazia e respirare i profumi del mare. La Malvasia istriana è coltivata su suoli difficili, rocce calcaree, marne, arenarie, che cedono all’uva (e al vino) minerali che si ritrovano spesso, soprattutto dopo il primo anno d’invecchiamento.

L’elenco dei produttori “testati” può dire poco, visto che si tratta di aziende agricole di medio-piccole dimensioni, con vini che raramente escono dal territorio. Ad ogni modo erano:

BORTOLUSSO Carlino (UD) DOC Annia
CASTELVECCHIO Sagrado (GO) DOC Carso
IL CARPINO San Floriano del Collio (GO) DOC Collio
KANTE EDI Duino Aurisina (TS) DOC Carso
MAGNAS Cormons (GO) DOC Isonzo
MAURIZIO BUZZINELLI Cormons (GO) DOC Collio
MONTEROSSO Umago CROAZIA
PAOLO RODARO loc. Spessa Cividale del Friuli (UD) DOC Colli Orientali
TENUTA STELLA Dolegna Del Collio (GO) DOC Collio

Difficili da trovare, dicevamo. Anche perché quando se ne producono 5000 bottiglie all’anno, come nel caso dell’ultimo vino citato, non è facile trovarle! Ed è ancora più difficile per il produttore conservarne una parte, per scoprire come “reggono” 5, 6 o 7 anni in bottiglia.

Un plauso speciale, quindi, a chi – in queste condizioni persino estreme – decide di sperimentare, di migliorare: lieviti indigeni selezionati, raccolta tardiva, macerazione più lunga, affinazione in barrique… perché produrre vino non è solo un lavoro, ma una grande passione a partire proprio dall’enologo che segue la lavorazione fino all’imprenditore che decide (non sempre, va detto) di non seguire solo il profitto ma anche il piacere di migliorarsi. E mi fermo qui, perché mi sta venendo sete.

Marco Crespiatico
crespiatico@yahoo.it

 

Nonostante il suo lavoro di giornalista e divulgatore storico lo porti generalmente a scrivere di tutt’altro, Marco non dimentica le sue origini di Agrotecnico e dedica tutto il tempo che può alla cultura eno-gastronomica. È diplomato ONAV (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Vino).